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Chi? Io? “Normale”? No, grazie…

Monica Berg
Febbraio 20, 2023
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Che cos'è "normale"? Ed esiste veramente qualcosa che possa essere definito così?

Ci ho pensato tanto durante l'ultimo anno - soprattutto nel periodo vicino all'uscita di The Gift Of Being Different, il libro del quale sono stata co-autrice insieme alla mia figlia minore, Abigail. È stato possibile scriverlo non malgrado le differenze di Abigail, ma proprio a causa di esse! Come insegna la Kabbalah, ciò che sembra ostacolarci È, spesso, parte del nostro percorso!

Questo perché, anche se l'idea della "normalità" può anche avere i suoi validi campi di applicazione, il concetto di per sé è arbitrario e dipende dal contesto. Secondo il Dizionario Merriam-Webster, "normale" (agg.) è definito come "conforme ad un tipo, standard, o con un pattern regolare; caratterizzato da ciò che è considerato comune, tipico o parte della routine".

Misuriamo l'altezza, il peso e facciamo tabelle di crescita con curve di questo tipo dal momento in cui i nostri bambini vengono al mondo. E poi ci sono parametri di riferimento per i voti, quozienti intellettivi e test standardizzati per praticamente ogni materia e diploma di scuola superiore o laurea. Più avanti, definiamo la "normalità" attraverso la media - che sia il reddito medio, il costo di una casa, il numero di figli o l'età pensionabile. La lista va avanti. Ed è facile affossare noi stessi, i nostri amici o le nostre famiglie confrontandosi con regole così precise.

Ci domandiamo: "Mio figlio è abbastanza alto? Legge all'età giusta? Socialmente parlando, è normale e ben integrato?". Senza parlare delle nostre preoccupazioni su noi stessi! Tuttavia, persino un test intellettivo può dare risultati assolutamente inattendibili se non viene somministrato nella lingua madre di una persona. E anche all'interno di ciascun set di misurazioni, ci saranno sempre quelle persone "diversamente normali" i cui risultati saranno atipici.

Anche in campo medico, esiste il rischio di quella che viene chiamata "normalità fuori dalla media". Certo, in molti casi, le deviazioni da un certo standard possono richiedere un intervento. Forse si può trattare di un cambiamento nello stile alimentare per controllare il livello di zucchero nel sangue. O di una terapia per riequilibrare gli ormoni. Eppure un bodybuilder e una persona che si auto-definirebbe un pigrone potrebbero avere la stessa altezza e lo stesso peso. In questo caso, i numeri potrebbero anche non fornire una vera rappresentazione della loro salute a confronto.

Quando poi si tratta del pensiero, le misure di una cosiddetta "normalità" diventano persino più inaffidabili. Oscilliamo fra il volerci "omologare" e il nostro desiderio di essere unici. L'industria della moda lo sa e trae enormi profitti da quel desiderio di conformarci. Qual è il colore più in questa primavera? (Nota: il Pantone dice che è il magenta!). E non dimentichiamoci i giusti tagli di capelli, la giusta lunghezza delle gonne, la giusta forma dei pantaloni e così via. Tutto ciò è solo un piccolo sguardo su tutte quelle norme sociali profondamente radicate alle quali ci si aspetta che obbediamo. Alla fine, possiamo metterci quello che vogliamo e comportarci come meglio crediamo - eppure la prospettiva di essere accettati e rispettati potrebbe essere decisiva nel bilanciamento delle nostre scelte.

È su questa stretta fune che camminiamo: il confine fra essere, pensare e comportarci in modo "normale", mentre, nello stesso momento, cerchiamo di esprimere la nostra individualità. E, quindi, qual è il rimedio?

È semplice: SII TE STESSO! Dopo tutto, come ha scritto Oscar Wilde, "tutti gli altri sono già presi".

Parte di quell'accettazione di noi stessi significa abbracciare anche quelle parti meno "tradizionali" di noi stessi. Le parti sciocche. Quelle che talvolta sono scomode. E persino quegli aspetti di noi che, a volte, possono metterci alla prova. Perché, proprio come ognuno di noi ha le proprie impronte digitali, così abbiamo anche un nostro modo di pensare - e QUELLO è un dono!

In altre parole, celebriamo ciò che la scienza chiama la nostra neurodiversità. Come dicevo poco fa, tante persone di successo sono state descritte (e spesso si sono anche auto-definite) come "diversamente pensanti". In effetti - e ciò non ci sorprende affatto! - spesso esse attribuiscono il loro successo proprio al loro modo di processare i pensieri. Albert Einstein aveva la dislessia. Si dice che Marie Curie mostrasse alcuni sintomi della Sindrome di Asperger (che fa parte dello spettro autistico). Dan Akroyd è sempre stato molto sincero su come le sue esperienze nello spettro autistico lo abbiano aiutato a trovare ispirazione per il suo personaggio in Ghostbusters. Anche la musicista vincitrice del Grammy Billie Eilish non si vergogna di parlare della sua Sindrome di Tourette. Per lei, cantare ed esibirsi l'hanno aiutata a controllare i suoi piccoli "tic" - anzi, crede che l'abbiano resa più resiliente e più consapevole nella sua vita.

Morale della favola? "Normale" non significa "migliore". È un concetto relativo e mutevole, spesso dipendente dalla cultura, dall'ambiente e persino dal momento storico. Se qualcuno, cento anni fa, avesse scritto "LOL" dopo un passaggio in una lettera, avrebbe completamente confuso il lettore. E se io mi trovassi insieme ad una tribù indigena da qualche parte in Australia, la mia lingua e le mie abitudini sembrerebbero probabilmente strane, se non completamente assurde.

Quindi, questa settimana concentriamoci sull'essere meno "normali" e di più sull'essere la versione autentica di noi stessi! Non vi sto consigliando di fare una mossa completamente inaspettata e spiazzante nella prossima riunione a lavoro - del resto, viviamo in una società che ha le proprie condizioni e le proprie regole di accettazione. Allo stesso tempo, senza assolutamente ferire o causare dolore agli altri, siamo qui per manifestare la pienezza di noi stessi e per far brillare la nostra unica luce nel mondo!

Come ha detto una volta Maya Angelou: "Se provi sempre ad essere normale, non saprai mai quanto puoi essere fantastico!"


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