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Esserci, Anche Quando Non Sappiamo Come

Monica Berg
Novembre 6, 2023
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Come aiuti un amico in difficoltà?

Questo è il titolo di un editoriale che ho letto quest’anno sul New York Times. È stato scritto da David Brooks e racconta – in maniera dolorosa e molto intensa – la sua esperienza con il vedere il suo amico d’infanzia combattere con una grave depressione, una malattia che lo ha portato a togliersi la vita. La cosa che lo ha colpito di questa esperienza è stato il non sapere come esserci per il suo amico che stava soffrendo. Ha cercato di trovare le parole e l’approccio giusto per aiutarlo, ed è rimasto frastornato dal senso di impotenza che gli ha provocato. Voleva disperatamente aiutare, perché non ci è riuscito?

Dopo la morte del suo amico, un amico comune gli ha scritto una lettera, e mi ha colpita il seguente passaggio:

“La vera amicizia offre una profonda soddisfazione, ma impone anche vulnerabilità e obblighi, e fingere che non sia così significa svalutare l’amicizia”.

Nel pensare a questo e anche mentre sto scrivendo questo blog, ho molti amici che stanno soffrendo un dolore inimmaginabile a causa di una tragedia senza senso. Anche se è diverso dal guardare un amico soccombere lentamente alla malattia mentale, sembra altrettanto impossibile. Come possiamo prenderci cura l'uno dell'altro quando non abbiamo idea di come farlo? Quando l'oscurità che stanno affrontando è senza precedenti per entrambi? È facile fare quello che David Brooks alla fine ha fatto in automatico: comportarsi come se tutto si sarebbe risolto, nella speranza di ispirare l’altra persona a vedere a sua volta che tutto sarebbe andato bene. C’è del merito in questo, eppure non è di aiuto. È una brava persona, è incredibilmente premuroso e voleva essere lì per il suo amico, ma in realtà ha finito – come succede a tanti di noi – per rimanere nella cornice di ciò che vorrebbe. 

Ha senso no? Immaginiamo ciò che vorremmo se fossimo in difficoltà, e lo diamo agli altri. A volte può essere una buona idea ed essere di grande aiuto, soprattutto se abbiamo vissuto un’esperienza simile. Ma la maggior parte delle volte non è il modo migliore per essere un amico. E viste le enormi sfide che tanti nella nostra comunità stanno affrontando – amici e familiari allo stesso modo – come possiamo esserlo?

La risposta è empatia e vulnerabilità radicale. 

Quasi 15 anni fa, Brene Brown è salita sul palco del TED per parlare di vulnerabilità, e il suo discorso è stato da allora visto oltre 20 milioni di volte. È alla quinta posizione dei TED Talk più visti di sempre. Ha anche parlato del potere dell’empatia e di come la vulnerabilità sia una parte necessaria dell’essere in grado di empatizzare. Quest’altra conferenza – poi trasformata in una conversazione animata molto confortante tra un orso e una gazzella – è stata a sua volta vista più di 20 milioni di volte. Sottolineo la popolarità di questi video perché la vera vulnerabilità e la vera empatia sono cose di cui molti di noi hanno paura a vari livelli ma, a giudicare da quanti hanno guardato i video su questi due argomenti, sono cose che vorremmo avere. E penso che tutto inizi con il riconoscere il nostro desiderio di esserci veramente per i nostri amici che stanno soffrendo.

Dobbiamo poi anche riconoscere la vulnerabilità che serve per farlo. In quello stesso video, Brene sottolinea come per empatizzare davvero con qualcuno, dobbiamo connetterci ad una parte di noi stessi che capisce il dolore. Che capisce la paura e la perdita. È difficile per tutti noi, ma è essenziale se vogliamo davvero riservare uno spazio ai nostri amici che soffrono, anche quando ciò che stanno affrontando è una cosa che non conosciamo. Dobbiamo provare. 

Il che mi porta all’ultima parte: lasciare andare la paura di sbagliare. Ricordo che dopo aver messo al mondo mio figlio Josh ho iniziato ad isolarmi, perché ogni volta che ero con gli altri sentivo che non sapevano cosa fare. Questo mi faceva sentire diversa e strana e, anche se avevano le migliori intenzioni, perché non volevano dire o fare la cosa sbagliata, mi facevano sentire ancora meno supportata. È stato solo dopo una conversazione con una nuova conoscenza che è poi diventata una delle mie più care amiche che la cosa è cambiata. Mi ha ascoltata completamente durante una conversazione senza trasmettermi nessuno dei suoi sentimenti al riguardo. Non c’era pena, non c’erano scuse. Ha solo lasciato spazio.

Ho capito che tutto ciò di cui avessi bisogno era essere ascoltata e pienamente capita nella mia esperienza. Non avevo bisogno che qualcuno la risolvesse perché, in fondo, non c’era niente da risolvere. Eppure, quando vediamo qualcuno che amiamo in difficoltà, tutto quello che vogliamo fare è risolvere la situazione. Vogliamo sistemarla. E questo desiderio, per quanto venga dalle migliori intenzioni, è una forma di paura. Sfidare questa paura vuol dire entrare nella nostra zona più vulnerabile: l’accettazione che non possiamo salvare i nostri cari dal dolore, possiamo solo rimanere al loro fianco, possiamo tenergli la mano, e possiamo essere abbastanza coraggiosi da semplicemente esserci, ascoltarli, e vederli vivere quella situazione senza provare a migliorarla o a cambiarla.

Per noi l’amicizia è potere. L'amicizia è compagni, mariti, mogli, comunità. Se riuscissimo tutti a spingere ancora di più nei momenti in cui un amico sta attraversando un momento difficile, soprattutto in questo momento di crisi, la nostra vita sarà migliore e, soprattutto, il mondo sarà migliore.


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