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Creare Attraverso Le Nostre Parole

Michael Berg
Agosto 24, 2022
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Quando Mosè giunge al confine della Terra di Israele e dice al Creatore, "Fammi andare a vedere questa terra", egli usa la parola Na, che significa "per favore". I Kabbalisti dicono che Mosè sapeva che ogni volta avesse usato la parola Na due volte, la sua richiesta sarebbe stata esaudita; per esempio, quando voleva guarire sua sorella Miriam, disse la parola Na due volte.

"La preghiera non è un modo per chiedere; è un modo per creare".

Il Creatore risponde a Mosè dicendo, "Non parlare con Me, smetti di chiedere". Perchè, se Mosè avesse ancora detto la parola Na, avrebbe dovuto concedergli il permesso di entrare nella Terra di Israele. Quindi, se lo leggiamo in modo letterale, risulta molto strano; sembrerebbe che il Creatore fosse sottoposto a Mosè. Questo non è il modo in cui la maggior parte di noi concepisce Dio, che consideriamo onnipotente. Non dovrebbe invece essere che se il Creatore non vuole che Mosè entri nella Terra d'Israele, Mosè non ci dovrebbe entrare? Che differenza fanno le parole che usa Mosè?

Nel creare questo mondo, il Creatore ha messo in campo un sistema; una parte importante del quale viene creato dalle nostre parole. Ed è pur vero che se il Creatore avesse voluto cambiare la natura e non permettere a Mosè di entrare anche dopo aver pregato e pronunciato due volte la parola Na, Egli avrebbe potuto farlo. Ma per come è organizzato il sistema spirituale - il Creatore non lo modifica, a meno che non sia estremamente necessario- noi creiamo con le nostre parole.

Pertanto, se Mosè avesse detto Na due volte, sarebbe entrato nella Terra di Israele. Questa è la natura del sistema, e il potere delle nostre parole. La maggior parte delle persone pensa alla preghiera come ad un modo per chiedere a Dio delle cose. Tuttavia, impariamo che la preghiera non è un modo di chiedere; è un modo per creare. E questo è uno dei doni più grandi che ci viene dato nello Shabbat Reʼeh.

C'è un altro punto in cui scopriamo il potere che hanno le parole come strumento per creare: quando Isacco vuole dare le benedizioni a suo figlio Esau. Conosciamo la storia - Giacobbe che si veste come Esau, ed Isacco crede che sia Esau, così gli dà le benedizioni. Dopo che Giacobbe se ne va, Esau entra ed Isacco si rende conto di aver benedetto il figlio sbagliato, e dice, "Ad ogni modo, queste benedizioni si adempiranno comunque". Perché? Se Isacco non avesse voluto benedire Giacobbe che lo aveva ingannato, non avrebbe potuto rimangiarsi tutto e dire: "Ho fatto uno sbaglio?"

No, non avrebbe potuto. Poiché una volta che Isacco diede le benedizioni, le sue parole le avevano già create. Con questa conoscenza, adesso dobbiamo modificare la nostra consapevolezza riguardo alla preghiera. Ricordiamo Isacco. Ricordiamo Mosè e il Creatore. Le nostre parole creano, e lo fanno nella misura in cui noi ne siamo consapevoli. Una delle ragioni per cui le nostre preghiere non ricevono una risposta è perché di solito, quando preghiamo, facciamo una richiesta al Creatore. Ma adesso sappiamo che non funziona così. Adesso sappiamo che quando diciamo le parole durante la preghiera, di fatto stiamo agendo noi stessi come creatori, e se non comprendiamo che è questo che stiamo facendo, allora non stiamo davvero pregando.

"Noi abbiamo la capacità di creare attraverso le nostre parole."

Uno dei doni che Mosè risveglia in noi durante lo Shabbat Re'eh è il rafforzare la certezza che noi siamo in grado di creare attraverso le nostre parole. Se avessimo veramente la certezza che possiamo manifestare la Luce con le nostre parole con ciò che chiamiamo preghiera - che adesso sappiamo non sono parole di preghiera, ma parole che creano - questo avverrebbe. Ma noi non l'abbiamo. Siamo presi dal dubbio, anche se vogliamo veramente crederlo, anche se vogliamo veramente avere certezza. C'è un solo indicatore per capire se la Luce del Creatore si manifesterà attraverso una persona oppure no, e consiste nella misura in cui una persona sa di poter creare con l'aiuto della Luce.

Per riuscirci, abbiamo bisogno di sentire che la Luce del Creatore è effettivamente sempre con noi. Il modo per valutare come ci stiamo comportando a questo riguardo sta nel fare un passo indietro e guardare certe cose che facciamo o che non ci permettiamo di fare. Se sentissimo che la Luce del Creatore è sempre con noi, alcune cose non ci permetteremmo di farle. Non è corretto dire, "Quando arriverò a creare con le mie parole, allora la Luce del Creatore sarà con me. Ma, quando cado, quando mi comporto senza rispetto e dignità umana, quando agisco con rabbia, la Luce del Creatore non è con me".

Non possiamo rivolgerci al Creatore solo quando ne abbiamo voglia; o vediamo con certezza che la Luce è sempre con noi, e quindi siamo in grado di creare e di cambiare attraverso le nostre parole, o no. Quando ci rendiamo conto di avere questo potere, ci rendiamo conto che dev'essere così sia nei momenti in cui abbiamo bisogno della Luce, sia nei momenti in cui ce ne dimentichiamo.

È una lezione potente: la misura della capacità di creare attraverso le nostre parole nella preghiera dipende solo da quanto siamo consapevoli che la Luce del Creatore è con noi. E questa deve essere costante, perché non può essere solo quando ne abbiamo bisogno o quando non ne abbiamo bisogno. Questo insegnamento ci mostra quanto sia facile per noi, attraverso le nostre parole, attirare quella Luce e creare cambiamenti e miracoli.

La parola Re'eh significa "vedere". Cosa significa vedere? Passare a nuovi livelli di consapevolezza. Ora abbiamo una nuova comprensione del significato della preghiera. Noi, attraverso le nostre parole, abbiamo il potere e la capacità di creare ciò per cui stiamo pregando. E come possiamo raggiungere una maggiore capacità di creare quelle cose? Risvegliando una vera e costante certezza che la presenza della Luce del Creatore è sempre con noi.


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