Questo articolo è stato precedentemente pubblicato nel 2017.
C'è una sezione nella porzione di Beshalach che solleva parecchie domande. Dice: “In quel giorno”, cioè nel giorno della Separazione delle Acque del Mar Rosso, “gli Israeliti furono salvati”. Gli Israeliti passarono 210 anni in esilio sotto gli Egizi e l'uscita dall'Egitto fu la Redenzione. Ma in Beshalach ci sembra di capire che ciò che celebriamo a Pesach, la Redenzione dall'Egitto, non fosse così importante, bensì che la Separazione delle Acque fosse la vera Redenzione. Quindi, come possiamo interpretare il fatto che la Torah ignori quasi completamente tutti i miracoli delle Dieci Piaghe e dell'uscita dall'Egitto, affermando che quelle cose non contassero poi così tanto, e che la grande Redenzione fosse quanto accaduto “quel giorno”?
I kabbalisti spiegano qualcosa di cui Rav Berg ha parlato spesso, ovvero che l'unico scopo del lavoro spirituale è la certezza nella Luce del Creatore. Tutto il resto, tutte le azioni spirituali che compiamo, serve a portarci alla certezza. La certezza è l'obiettivo. Si dice che, quando gli Israeliti erano in Egitto, pur avendo ricevuto grande assistenza e Redenzione, non avessero ottenuto certezza. Essi non vivevano ancora nella certezza. Ciò che si legge è che solo dopo la Separazione delle Acque arrivò la Redenzione... perché?
Gli Israeliti non avevano certezza in Egitto, né l’ebbero quando lasciarono l'Egitto. Ebbero certezza solo in quel giorno e, pertanto, la Redenzione si realizzò solo quando le acque furono divise. Sì, vi fu una grande Redenzione fisica quando lasciarono l'Egitto, ma la vera Redenzione è il raggiungimento di una certezza vera e duratura.
Nella porzione di Beshalach, Mosè sta pregando e il Creatore gli dice: “Smetti di chiamarmi. Dì agli Israeliti che devono andare, e tu, Mosè, alza il bastone e dividi il mare”. Dunque, abbiamo due comandamenti distinti: “Dì agli Israeliti che devono andare” e a Mosè “Alza il tuo bastone”. I kabbalisti spiegano la dicotomia tra ciò che viene detto agli Israeliti e ciò che viene detto a Mosè. Questo è un insegnamento straordinario e molto elevato; Rashi dice che se una persona possiede certezza con lo scopo di ottenere un miracolo, quest'ultimo non si verificherà. Ma se una persona ha certezza indipendentemente da ciò che accadrà, allora il miracolo può manifestarsi. La maggior parte di noi crede di dover avere certezza in modo che il miracolo possa accadere. Ma da Rashi impariamo che se abbiamo certezza solo perché così si verificherà un miracolo, allora questo non avverrà. Se invece abbiamo certezza per amore della certezza, a prescindere da ciò che accade, allora il miracolo può compiersi.
Allora, perché il Creatore dice a Mosè di smettere di chiamarlo? Perché, quando una persona prega e controlla poi cosa succede a seguito di quella preghiera, in realtà blocca la realizzazione di quel miracolo per cui stava pregando. Quindi, il Creatore ordina a Mosè di dire agli Israeliti di muoversi; forse vivranno o forse moriranno, ma non deve dire loro cosa accadrà, perché se partono sapendo che un miracolo sta per compiersi, allora esso non avverrà. Gli israeliti devono raggiungere la certezza a prescindere, perché se pensano di avere certezza per ottenere un miracolo, non lo otterranno.
La certezza al fine di ottenere miracoli non è certezza. La vera Redenzione è la certezza per la certezza; allora potrà compiersi un miracolo. Pertanto, la Redenzione avvenne solo in “quel giorno” perché in quel giorno gli Israeliti raggiunsero la vera certezza. E con l'aiuto dello Shabbat Beshalach, noi tutti possiamo risvegliarci per iniziare il processo di raggiungimento di una certezza vera e duratura.